top of page

Kyoto, 11 dicembre 1997: 21 anni fa si apriva uno dei consigli internazionali in materia ambientale tra i più simbolici e, malauguratamente, anche tra i più fallimentari della storia dell’uomo.

Benché a quel tempo tutti i rappresentanti, governativi e non, dei paesi partecipanti avessero posto la loro attenzione su quello che in quel periodo appariva come un fulmine a ciel sereno, una piaga infinita che in realtà avrebbe, di lì a poco, messo in pericolo di vita il nostro stesso pianeta, cioè il problema dell’inquinamento atmosferico, molti, noi compresi, ammettiamolo, si tirarono indietro fingendo che nulla accadesse e continuando a vivere con il paraocchi ed i tappi nelle orecchie. Primi su tutti gli Stati Uniti, responsabili del 36,2% del totale delle emissioni di biossido di carbonio, che furono gli unici a non ratificare la firma sul protocollo, che sottoscrissero invece oltre 180 paesi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed oggi?

Oggi, dopo i molteplici tentativi falliti per fissare canoni e limitare le emissioni di sostanze nocive e quindi per permetterci una vita migliore, come si è cercato di fare alla conferenza di Parigi del 2016, a cui parteciparono 195 paesi e da cui, nonostante gli sforzi del predecessore nell’ambito dell’inquinamento, il neopresidente Trump si volle escludere, ancora sembriamo, per usare un eraclitismo, dormienti in balia di false apparenze.

Infatti secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), il 92% della popolazione mondiale vive in luoghi dove i livelli di qualità dell’aria non soddisfano il limite massimo di emissioni nocive fissato in una media annuale di circa 10 µg/m³ di polveri sottili nell’aria; in Italia tale tasso raggiunge addirittura i 18,2 µg/m³, con le conseguenze che si possono immaginare.

Un sondaggio da noi proposto ad un ampio numero di studenti del nostro liceo  rileva che il 31% dei campioni non è abbastanza informato su tale questione ambientale di estrema urgenza; il 53% è disinformato sulla qualità dell’aria nella sua città (in Italia l’aria più inquinata si respira prevalentemente in città del nord, come Milano, Torino e Padova; Bergamo, la nostra città, non fa eccezione, anche se pure a Roma, nella zona campana ed in quella salentina si raggiungono i limiti di guardia); il 75% del nostro campione crede, però,  che nessuno degli alti vertici mondiali sia mai sforzato di trovare una soluzione al problema atmosferico.

​

​

​

​

​

​

​

​

​

​

​

​

​

​

​

​

​

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Percentuali relativamente molto elevate, considerando il fatto che i giovani dovranno, prima o poi, porsi al comando di questo pianeta fragile e cercare di accudirlo il meglio possibile.

Fa poi riflettere il fatto che il 95% degli studenti sia consapevole del fatto che tale inquinamento possa causare molteplici patologie, anche se al contempo il 43% di essi ritiene vani i propri sforzi per avere uno stile di vita più ecologico.

Si tratta di una situazione contraddittoria: la maggior parte delle persone è consapevole di tale minaccia, ma per pigrizia o accidia tende a fingere che tutto vada bene e si risolva da sé, mentre coloro che sono più sensibili al problema rimangono comunque circondati da un alone di indifferenza generale che li rende molto pessimisti sulle possibili soluzioni.

Come possiamo quindi sensibilizzare le persone per portarle a sviluppare delle possibili soluzioni?

INQUINAMENTO ATMOSFERICO: SICURO DI NON ESSERNE RESPONSABILE?

mappa tematica che mostra l'inquinamento atmosferico in europa in verde dov'è meno presente e in arancione dov'è più presente

rappresentazione della nuvola di smog che sovrasta la pianura padana e tutto il Nord Italia

mappe tematiche che mostrano l'andamento della concentrazione delle sostanze nocive in Italia

Classe 3B del Liceo Lussana di Bergamo

bottom of page