
Peri physeos 4.0
Cerca di muoversi, di liberarsi. Scuote le ali freneticamente, ma invece di librarsi in volo affonda sempre di più in quell’abisso. Ali, un tempo pulite e bianche, ora sono contaminate, sporche e infangate. Non funzionano più, sono inutili ormai. Non riesce a librarsi in volo; non riesce a nuotare.
Cerca di rimuovere il corvino petrolio dal proprio piumaggio con il becco, ma la situazione peggiora. Non riesce a ripulirsi dallo sporco, dal male, e soffre ancora di più.
Ingerisce il petrolio e, senza saperlo, uccide il proprio organismo. I reni, il fegato, l’apparato digerente. Tutto contaminato.
Continua a provarci: sbatte le ali ripetutamente e freneticamente. Ma non ci riesce. Non riesce a liberarsi, a scappare da quella poltiglia nera, maleodorante. Nociva.
Non può fare altro che rimanere lì, galleggiando, senza poter far nulla per impedirlo. Non ha più la possibilità di procacciarsi il cibo, diventa facilmente vulnerabile alle escursioni termiche.
Lui era già morto; non appena la petroliera ha rilasciato quel veleno in mare, lui era già morto. Lui e migliaia e migliaia di altre specie animali e vegetali, erano già morti. Tutti condannati alla sofferenza, prima di morire.
Non cerca più di far nulla ora. Rimane immobile, certo della propria sorte.
Mare nero, tu eri chiaro e trasparente come me


Come l’uccello descritto nelle righe precedenti, allo stesso modo sono morte e continuano a morire tantissime, troppe creature. Così, un bene prezioso come l’acqua è stato contaminato e continuerà a esserlo. L’acqua, così pura, limpida e chiara, viene macchiata per sempre per colpa del petrolio, e le conseguenze sono disastrose, tremende e, la maggior parte delle volte, mortali.
L’inquinamento dell’acqua del mare, molto presente in Europa, è uno degli aspetti più gravi e urgenti da risolvere. Non solo isolotti di rifiuti galleggianti minacciano l’ecosistema marino, ma anche tonnellate di petrolio contribuiscono a ciò.
Ci sono state moltissime fuoriuscite di petrolio in mare dalle navi che lo trasportano o dalle piattaforme che lo estraggono: ricordiamo ad esempio l’incidente della superpetroliera liberiana Amoco Cadiz di fronte al litorale del piccolo borgo di Portsall, in Francia nel 1978, che ha rilasciato in mare circa 223.000 tonnellate di greggio; o quello della nave cisterna cipriota Amoco Milford Haven, che affondò a Genova nel 1991, provocando lo sversamento in mare di circa 144.000 tonnellate di petrolio; e tanti altri come questi.
Il greggio possiede un peso specifico minore dell’acqua, per cui inizialmente forma una pellicola impermeabile all’ossigeno sopra il pelo libero dell’acqua, causando oltre agli evidenti danni fenomeni fisici e tossici diretti alla macrofauna, un’ anaerobiosi che uccide il plancton, oltre a tutti gli altri esseri presenti in mare.
Sono necessari tanti anni per smaltire questo liquido dannoso, tanti soldi e tanto impegno e nel frattempo la biodiversità marina si deteriora sempre di più.


Esistono delle soluzioni per eliminare o almeno arginare il problema?
Tra le soluzioni maggiormente efficaci contro questo gravissimo fenomeno in campo oggi
sembrano queste: la Minerv Biorecovery e gli skimmer
Minerv Biorecovery: la polvere per combattere il petrolio
In occasione della Giornata mondiale dell’ambiente è stata presentata Minerv Biorecovery, ovvero una micro-polvere capace di eliminare il petrolio. Un progetto italiano realizzato dalla bolognese Bio-On e dall’Istituto per l’ambiente marino e costiero di Messina. In questa polvere sono presenti alcuni microrganismi che si nutrono inizialmente di bioplastica Phas, per poi attaccare il petrolio. Un processo che si attiva entro cinque giorni da loro rilascio e che si conclude in circa venti, il tutto senza inquinare. Questi batteri sono infatti già presenti in natura e la bioplastica Phas (il “mangime” di questi batteri) è totalmente biodegradabile. Questo proietta la Minerv Biorecovery tra le migliori soluzioni nel settore, perché gli altri rimedi, nonostante la loro efficacia, non sono del tutto non-inquinanti e spesso creano più danni che altro. Nei prossimi mesi saranno effettuati test su larga scala per testare l’efficacia di questa polvere. Il suo utilizzo non avverrà solo in occasione dei grandi disastri ambientali, ma anche nella pulizia di porti e cantieri navali.
Barriere e sistemi galleggianti per limitare i danni della dispersione di petrolio o di altre sostanze oleose
Un’altra soluzione potrebbe venire da Airbank, un’azienda italiana specializzata nel settore dell’antinquinamento e della sicurezza ambientale, che commercializza delle barriere galleggianti in grado di arginare gli sversamenti di prodotti oleosi e dei veri e propri aspiratori di sostanze oleose, chiamate skimmer. Questi ultimi sono sistemi galleggianti in grado di lavorare in mare aperto, anche mosso, realizzati completamente in materiale plastico e dotati di una vaschetta, nella quale si raccolgono le sostanze oleose. Questo sistema rende possibile un intervento immediato in caso di fuoriuscita, che limita i danni, pur non eliminandoli del tutto.


Fotografie di Steve McCurry: uccello ricoperto di petrolio in mare durante la guerra del golfo marzo 1991
Foto presa dal sito http://www.italiachecambia.org/2016/04/sversamento-petrolio-a-genova-allarme-mar-ligure/
Foto presa dal sito http://magazine.polis-sa.it/un-mare-di-bugie/
Foto presa dal sito http://magazine.polis-sa.it/un-mare-di-bugie/