
Peri physeos 4.0
Plastiche e rifiuti negli oceani
Ogni anno otto milioni di tonnellate di plastica, per un valore di 19,5 miliardi di euro, fluttuano negli oceani. Si ritiene che l’80% dei rifiuti presenti negli oceani siano di origine antropica, mentre il 20% provenga da ogni sorta di navi: da crociera, mercantili e petroliere. Secondo Ocean Conservancy, un’organizzazione che si impegna a proteggere gli oceani dall'inquinamento, a mettere in pericolo l’ecosistema marino sono soprattutto le attrezzature da pesca, i palloncini, le sigarette e tutto ciò che è di plastica, come cannucce, tappi e sacchetti.

Un recente studio afferma che sono 690 le specie minacciate dai rifiuti presenti in mare: il 17% di queste sono inserite nelle liste rosse degli animali in pericolo di estinzione, il 92% sono messe in pericolo dalla plastica e il 10% ha ingerito microplastiche.
I ricercatori dell’Imperial College di Londra e della Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation (Csiro) in Australia rilevano che oggi il 90% degli uccelli marini, tra cui albatri, berte e pinguini, ha ingerito materiale di plastica di diverso genere. Secondo gli stessi studiosi, uccelli, tartarughe e pesci ingeriscono queste plastiche per caso o perché le scambiano per cibo. Ma come possono scambiare tali plastiche, così velenose per il loro organismo, per del cibo? “Facile”: le plastiche vengono scambiate come il nutrimento, di cui solitamente la fauna marina si ciba, sia per il loro aspetto che per il loro odore. Uccelli e squali associano i pezzi di plastica colorati a variopinti pesci succulenti, tartarughe e cetacei scambiano i sacchetti di plastica per meduse e altri uccelli confondono l’odore del solfuro dimetile con quello di alghe e krill. Le plastiche ingerite dai pesci non solo danneggiano il loro organismo ed il loro ecosistema, ma, arrivando fino ai nostri piatti, possono nuocere anche a noi stessi.
Dai dati di Greenpeace emerge che nei mari di tutto il pianeta si trovano dai 5mila ai 50mila miliardi di microplastiche, ovvero frammenti di plastica inferiori ai 5 mm, e, secondo quelli dell’Unep, nel Mediterraneo nuotano 250 miliardi di frammenti che ogni anno ammontano a circa 677 tonnellate.

Oggigiorno, il 60% dei capi di abbigliamento prodotto è fatto con materiale sintetico che ad ogni lavaggio rilascia numerose microfibre di plastica che, data l’assenza di un trattamento degli scarichi adatto, finiscono in mare, per un totale stimato di 1,4 milioni di trilioni di microfibre; questo è il recente studio pubblicato sulla rivista “Environmental science and technology”.

Uno sguardo più dettagliato sull’Europa
Quasi un terzo del traffico marittimo globale avviene nel Mar Mediterraneo, riconosciuto per la sua ricca biodiversità; quest’ultima è messa in pericolo dall’accumulo di rifiuti di origine antropica come la plastica, il vetro, il legno e la gomma, che si rinvengono sulle spiagge e sui fondali marini. Il flusso d’acqua tra il Mediterraneo e l’Oceano Atlantico è limitato, determinando l’accumulo di rifiuti galleggianti nel bacino mediterraneo.
Dove dovrebbero esserci solo gli splendidi colori del mare, a splendere sotto il sole vi sono migliaia e migliaia di rifiuti. E’ quello che vogliamo veramente? Acqua contaminata e distrutta dall’uomo? Quella stessa acqua essenziale e fondamentale per noi?
Sono morti tantissimi esseri viventi per colpa dei rifiuti e ne continueranno a morire a migliaia: bisogna prendere seri provvedimenti per evitare ciò in futuro e queste immagini potrebbero essere la spinta giusta per farci capire quanto l’Europa e il mondo siano veramente in pericolo.

Qui di seguito riportiamo due fotografie che mostrano la disomogeneità del Mar Mediterraneo.


Nizza, Francia, febbraio 2018
Foto di Nico Clemente, Golfo di Napoli

